UN DESTINO IMPROBABILE

Il punto di vista di Freda

Mio padre fece una pausa, probabilmente per creare un po’ di suspense, mentre il suo sguardo spaziava sulla folla. «Il Re dei Vampiri ha avanzato una… richiesta singolare» disse, con un’espressione strana in volto.

La curiosità cominciò a farsi strada dentro di me. Che richiesta poteva mai fare il Re dei Vampiri per evitare l’inizio della guerra? mi domandai, aspettando che mio padre riprendesse a parlare.

«Ha chiesto che ogni clan di licantropi con una figlia la porti a un incontro diplomatico che si terrà al Castello Unito dei Vampiri.»

Nella sala calò il silenzio. La richiesta era davvero singolare e inaspettata. Rimasi sbigottita al mio posto, ma poi mi rilassai un po’. Era senza dubbio una richiesta strana, ma ero sicura che non avrebbe riguardato me. Insomma, ero l’emarginata del branco, e di certo il Re dei Vampiri non avrebbe voluto un’umana all’incontro, il che poteva significare solo una cosa: sarebbe stata Juliet a partire.

«Che razza di richiesta è questa? Si stanno prendendo gioco di noi? Non mandiamo le nostre figlie a fare festa con dei succhiasangue» tuonò una voce roca dal fondo della folla.

Mio padre alzò una mano per sedare la protesta. «Non credo sia una presa in giro. Non so cosa abbia in mente il Re dei Vampiri, ma potremo scoprirlo solo partecipando a questo incontro. E io ci andrò.» A quel punto si interruppe, un’espressione combattuta sul viso, prima di continuare. «La riunione è tolta. Vi comunicherò la mia decisione finale.»

E con questo, la riunione del branco si concluse. La folla di licantropi si sciolse e cominciò a defluire fuori dalla sala, lasciando la mia famiglia e un gruppo di anziani che riconobbi come gli Anziani del branco. Avrei voluto alzarmi e andarmene, visto che la riunione era finalmente finita, ma qualcosa dentro di me mi disse di restare immobile.

«Anziani, avete sentito il verdetto del Re dei Vampiri. Cosa suggerite di fare in questa situazione?» disse mio padre, rivolgendosi a loro per un consiglio.

Prima che uno qualsiasi degli Anziani potesse parlare, sentii qualcuno schiarirsi la gola e vidi che era la mia matrigna, la Luna Amelia. Fece un passo avanti, lanciandomi un’occhiataccia con un sorrisetto crudele stampato in faccia. Mi chiesi che diavolo stesse per fare.

«Anziani, sebbene la cosa sia inaspettata, credo sia giunto il momento che una di noi si faccia avanti e si sacrifichi per il bene comune. Perciò, propongo che sia Freda a rappresentarci» suggerì la Luna Amelia, fissandomi con una luce malvagia negli occhi. Non sapevo davvero perché diavolo quella donna fosse così determinata a rendermi la vita un inferno, ma onestamente non avevo nessuna intenzione di accettare di essere mandata in un posto brulicante di succhiasangue.

«Ma io sono umana» obiettai, alzandomi in piedi per sfidare la mia matrigna. «I vampiri…»

«Sono molto più pragmatici di quanto tu creda, Freda» mi interruppe la Luna Amelia. «E poi, anche se sono forti, non oserebbero mai fare del male alla figlia dell’Alpha.»

Quella stronza. Strinsi i pugni, le unghie che mi si conficcavano nei palmi. «Ma perché io? Perché non Juliet? Lei è un lupo mannaro purosangue. Di sicuro sarebbe più preziosa in questo incontro, no?»

Il sorriso di Luna Amelia si fece tagliente come un rasoio. «Perché, Freda,» disse, rivolgendomi un sorriso del tutto falso, «tu sei quella sacrificabile. Un’emissaria umana presso i vampiri? È perfetto. Così possiamo tenere al sicuro Lily, perché lei sì che è utile. E poi, sei pur sempre la figlia di un Alfa anche tu, no?»

Mi si mozzò il fiato. Che cosa avevo mai fatto per meritare tanto odio? Non lo sapevo davvero, ma non volevo andare a quell’incontro. Non sapevo cosa avesse in mente il Re dei Vampiri, e non avevo la minima intenzione di scoprirlo.

«Ma io non ci voglio andare!» gridai, la voce che si incrinava per la frustrazione. «Ho dei piani, dei sogni…»

«I sogni impallidiscono di fronte alla sopravvivenza del branco, ragazza. Sei stata cresciuta e protetta da questo branco per tutta la vita, nonostante il fardello che rappresenti,» mi interruppe un anziano, il cui volto era segnato dal tempo ma i cui occhi erano di un blu glaciale, tuonando dal fondo della stanza.

Un fardello? La vergogna mi bruciò nel petto. Non era come se l'avessi chiesta io, questa vita. Mi ero sempre sentita un'estranea, e loro si erano assicurati di ricordarmelo ogni singolo giorno negli ultimi sei anni. E ora stavano usando la mia umanità e la mia libertà come merce di scambio.

«Deve esserci un altro modo!» supplicai, con la disperazione che cresceva nella mia voce.

Il sorriso di Luna Amelia si allargò mentre si godeva la mia angoscia. «Non c'è, Freda. Sei la figlia di un Alfa, e questo è il tuo dovere. Il branco ha bisogno di te, che ti piaccia o no.»

Le lacrime cominciarono a scorrermi lungo le guance quando capii di essere in trappola. Fu in quella situazione che mi resi conto di essere veramente sola. Incrociai lo sguardo di mio padre, cercando in lui anche solo un briciolo di sostegno, ma lui si limitò a fissarmi con quegli occhi blu, freddi e privi di emozioni. C'era stato un tempo in cui quegli occhi contenevano un amore sconfinato per mia madre e per me, ma ora, guardandoli, mi sentivo come se stessi guardando negli occhi un estraneo.

«Va bene. Visto che la mia vita non significa niente per nessuno di voi, parteciperò a questo stupido incontro,» dissi con aria di sfida agli anziani e a tutti i presenti nella stanza, asciugandomi freneticamente le lacrime.

«È la cosa migliore, Freda. Preparati. Tra tre giorni andremo nel Regno Unito dei Vampiri per l'incontro,» sentenziò mio padre. La mia matrigna aveva un sorrisetto soddisfatto stampato in faccia. Era ovviamente contenta che non fosse sua figlia ad andare all'incontro. Lanciai un'occhiata a Juliet e lei ricambiò il mio sguardo con quella che sembrava un'espressione di scusa.

Perché sembrava dispiaciuta? Avrebbe dovuto essere felice di non andare nel territorio di quei succhiasangue, e invece pareva sinceramente rammaricata. Be', non avevo tempo per pensarci. L'unica cosa che volevo fare era correre in camera mia e sprofondare nel letto per potermi sfogare a piangere.

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