Lunedì

Lei

Uscii dall'edificio, il sole caldo mi colpì la pelle. Notai Micah, in piedi vicino all'albero dove ci incontravamo sempre, l'albero dove ci siamo scambiati il nostro primo bacio. La gola mi si strinse e intrecciai le dita.

Si girò verso di me, lanciandomi uno dei suoi sorrisi che mi facevano tremare le ginocchia e il cuore mi cadde nel petto.

“Pensavo che mi avresti dato buca,” ridacchiò leggermente, grattandosi nervosamente la nuca.

“Anch'io lo pensavo,” sorrisi, ingoiando il grosso nodo in gola.

Annuì, il sorriso scomparve, “Beh, Inesa, io-io non so da dove cominciare. Non ci parliamo da sabato e volevo solo chiarire le cose.”

Sbuffai, trattenendomi dal ridere a crepapelle, “Chiarire le cose?”

Il bisogno di ridere si trasformò improvvisamente nel bisogno di piangere.

Sospirò, passandosi una mano sul viso, “Senti, mi dispiace, okay? Ero ubriaco e-“

“No, Micah,” scossi la testa, “Non voglio sentire scuse.”

Afferrai le cinghie dello zaino, facendo qualche passo indietro da lui.

Mi afferrò il polso, il panico evidente nei suoi occhi, “Per favore, aggiustiamo questa cosa.”

“Mi hai tradito, Micah!” scossi la testa, la mia voce attirò l'attenzione di tutti.

“Lo so,” sussurrò.

“Hai rovinato tutto. Sei stato tu a farlo. Non c'è niente da aggiustare,” cercai di liberare la mia mano dalla sua presa, “Micah,” piansi, anche se girai il viso da lui, non volevo che vedesse le mie lacrime.

“Inesa, per favore perdonami. Voglio lavorare su questo, lavorare su di noi.”

Sbuffai dolorosamente, girandomi verso di lui. Lo intendeva davvero. I suoi occhi erano sinceri, luccicanti di speranza. Il dolore che mi faceva soffrire il cuore, però, superava l'amore che ancora provavo per lui.

“Mi hai tradito con Liz. La mia migliore amica. Ho bisogno di tempo,” sussurrai.

La sua presa sul mio polso si strinse, “Non ti lascio andare, Inesa.”

La mia pelle bruciava mentre cercavo di liberare il polso dalla sua presa, il dolore e l'irritazione si trasformarono in rabbia pura.

“Lasciami andare!” urlai.

Esitò per un secondo, ma la determinazione inondò i suoi occhi, “No. Io amo-“

“Lasciala andare,” una voce familiare mi fece rabbrividire, il sollievo mi invase quasi immediatamente.

Micah aggrottò le sopracciglia, i suoi occhi si spostarono a guardare dietro di me. Sentii i suoi passi avvicinarsi e poi la sua ombra. Chiusi gli occhi, non sapendo come sarebbero andati i prossimi secondi.

Il mio polso fu strappato dalla presa di Micah e feci una smorfia per il dolore che mi percorse il braccio. Qualcosa si era piegato nel modo sbagliato.

Micah grugnì in segno di protesta, “Che cazzo, amico!?”

Rapidamente, il mio nuovo amico si mise tra noi, spingendomi dietro di lui con una mano. Mi mordicchiavo nervosamente le labbra, non mi piaceva l'attenzione che entrambi mi stavano portando, tutto ciò che volevo era superare la giornata senza piangere. Avevo fallito miseramente.

"Ti ha chiesto di lasciarla andare, ti suggerisco di andartene ora."

Guardavo la sua schiena tesa nella sua stretta maglietta nera e le sue mani che si stringevano in pugni. Non potevo vederci intorno, ma ero sicura che Micah lo detestasse e non avesse paura di mostrarlo.

"Chi diavolo credi di essere? Questa è una conversazione privata," sputò Micah.

L'uomo misterioso fece un passo avanti, gettando indietro il gomito, preparandosi a colpirlo. Mi spostai intorno a lui, mettendomi tra entrambi con la mia mano contro il suo petto.

"Per favore," sussurrai, "non ne vale la pena."

Il suo sguardo arrabbiato lasciò Micah, ammorbidendosi mentre mi guardava. Serrò la mascella, annuendo rigidamente.

Lo osservai prendere un pacchetto di sigarette dalla tasca posteriore, mettendone una tra le labbra. Alzò un sopracciglio verso Micah, che stava borbottando dietro di me, anche se non riuscivo a capire una sola parola di ciò che diceva.

"Stai bene?"

Mi fece la stessa domanda che mi aveva ripetuto nel corso della giornata, e ancora una volta rimasi senza parole. Deglutii, rendendomi conto di quanto fosse secca la mia bocca in quel momento e annuii.

Socchiuse gli occhi, guardando tra me e Micah.

"Qualunque cosa, me ne vado," borbottò Micah dietro di me.

Non mi voltai, ma sentii i suoi passi mentre si allontanava.

"Mr. Ashford!!" urlò la signora Jacobs dalla porta della scuola, facendogli roteare gli occhi e gettare indietro la testa.

Riluttante, tolse la sigaretta dalla bocca per rimetterla nel pacchetto prima di girarsi e tornare nell'edificio.

"Aspetta!" Gli afferrai il polso, facendogli guardare me sopra la spalla, alzando un sopracciglio in segno di domanda, "Q-qual è il tuo nome?"

I suoi occhi percorsero il mio corpo, facendomi sentire insicura, consapevole di me stessa in un modo che mi fece rabbrividire.

"Kian," la sua voce rauca mi fece esalare.

Lasciai andare il suo braccio e lui si allontanò, i pugni che oscillavano accanto alle gambe. Lo guardai allontanarsi, affascinata dal modo in cui il suo corpo si muoveva. Il suono improvviso di voci sussurranti mi riportò alla realtà.

Tutti mi stavano guardando e mi morsi il labbro, allontanandomi. Il cammino verso casa fu veloce, i miei passi rapidi e decisi. Sibilai, guardando il mio polso dolorante, sentendo il punto tenero che aveva iniziato a gonfiarsi.

Sapevo che oggi sarebbe stato un lunedì difficile, non avevo solo realizzato quanto sarebbe stato brutto. Ero comunque oltremodo grata che Liz non fosse venuta a scuola, Dio solo sa quanto sarebbe stato peggio.

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