Legno di cedro
Splitz Club
Sera
Il punto di vista di Knight
Sedevo comodo sulla sedia, scrutando con pazienza la gente nel locale per vedere se il mio bersaglio fosse arrivato, ma non riuscivo a individuarlo. Stavo ancora cercando quando, all’improvviso, una ragazza si è avvicinata lentamente a me, mentre io la osservavo in silenzio.
Chissà se l'ha mandata il bersaglio, pensai, fissando la donna attraente che se ne stava in piedi davanti a me, visibilmente nervosa. Non assomigliava alle ragazze che mi si erano avvicinate prima in cerca di un'avventura; al contrario, sembrava molto spaventata e tesa.
Che cosa vuole?, pensai, alzando un sopracciglio e sorseggiando la birra, con lo sguardo freddo fisso su di lei. Si voltò, come se cercasse qualcosa, poi si girò di nuovo verso di me e fece una cosa sorprendente: si chinò e mi baciò. Stavo per spingerla via ma, nel momento in cui sentii le sue labbra sulle mie, la lasciai fare. Giuro che le sue labbra erano così morbide e voluttuose che non mi resi nemmeno conto di quando iniziai a ricambiare il bacio. Lei interruppe il bacio e mormorò: «Mi scusi tanto, signore», prima di correre fuori dal locale senza voltarsi, facendomi ridacchiare divertito mentre la guardavo allontanarsi. Diedi un’occhiata alla bottiglia di birra e vidi che era quasi finita, così mi alzai e andai dal barista. «Due Bacardi e soda», dissi, e lui li preparò subito, miscelandoli. Quando ebbe finito, mi porse il bicchiere. Lo presi e ne bevvi una lunga sorsata. Mi guardai intorno e i miei occhi caddero all'improvviso sul mio bersaglio. Un ghigno malvagio mi spuntò sulle labbra.
Svuotai il bicchiere e lo posai sul bancone, poi tirai fuori delle banconote e le lasciai lì. «Tenga il resto», mormorai prima di andarmene. Mi diressi verso l'uomo e mi sedetti non troppo lontano da lui. Era circondato da un sacco di ragazze che lo accarezzavano e baciavano, mentre lui ridacchiava ubriaco. Sbuffai e tirai fuori una sigaretta dalla tasca, l'accesi e cominciai a fumare, senza mai staccargli gli occhi di dosso. Aveva due guardie del corpo vicine a lui, e notai che altre due, in piedi dall'altro lato, erano sempre sue. Aspettai qualche minuto, poi lui si alzò con le ragazze e iniziò a camminare. Mi alzai immediatamente e lo seguii, ma non così da vicino da farmi notare. Salirono le scale che portavano alle stanze di sopra, e aspettai che fossero saliti prima di seguirli. Lo vidi entrare in una delle stanze con le ragazze, mentre le guardie del corpo rimasero fuori dalla porta. Feci una smorfia e mi avvicinai a loro, fingendo di essere ubriaco.
«Ehi, che stai facendo?», chiesero, bloccandomi l'ingresso.
«Io… io… scoppio… devo… fare… pipì», dissi, recitando la parte dell’ubriaco fradicio.
«Questo non è il bagno, amico. Sei sbronzo», disse uno di loro, e gli altri ridacchiarono.
«Portalo via di qui, Pablo», disse un altro, e cercò di afferrarmi il braccio, ma lo spinsi via, facendolo cadere a terra. Appena videro la scena, estrassero tutti le pistole e me le puntarono contro.
Perfetto, è proprio quello che volevo, pensai, con un ampio ghigno.
«Che stai facendo? Questo non è il bagno…» Prima che potesse finire la frase, gli sfilai rapidamente la pistola, lo afferrai e gliela puntai alla testa.
«Mettete le pistole a terra, tutti quanti, o gli sparo» dissi, e i tre si guardarono l'un l'altro, continuando a puntarmi le armi contro.
«Non mi ripeterò, signori» ripetei con un ghigno, e loro gettarono subito le pistole a terra. Quasi immediatamente, però, uno di loro cercò di fare il furbo, provando a estrarre qualcosa dalla tasca. Notandolo, soffocai una risata sprezzante, che poi lasciai esplodere ad alta voce. Se solo sapesse con chi ha a che fare, pensai, e gli lanciai la pistola, colpendolo in testa. Gli altri tentarono di riprendere le loro armi, ma non glielo permisi. Sfilai dalla tasca un piccolo coltello che porto sempre con me e colpii uno di loro al collo, lasciandolo senza vita. Estrassi la lama con un sorrisetto e mi avvicinai agli altri; non ci volle nemmeno un minuto per far loro esalare l'ultimo respiro. Sorrisi ampiamente, fissando i loro corpi inerti, e non avrei potuto essere più elettrizzata. Tornai verso la porta, la aprii ed entrai silenziosamente nella stanza.
L'uomo stava ricevendo un pompino da una delle ragazze, mentre le altre, nude, gli massaggiavano il corpo. Appena una di loro mi vide, urlò, allertando gli altri della mia presenza e spingendo le altre a unirsi a lei nel gridare.
«Se fossi in lei, non ci proverei» dissi all'uomo mentre tentava di afferrare la sua pistola. «Conterò fino a dieci, signorine. Se tenete alla vostra vita, uscite da questa stanza prima ancora che io inizi a contare» dissi, e quelle raccolsero subito i vestiti, correndo fuori nude. Ridacchiai a bassa voce, osservando l'uomo tremare, e mi avvicinai a lui con un ghigno stampato in faccia.
«Ti prego, cosa vuoi? Soldi? Oro? Qualsiasi cosa, te la darò, ma ti prego, risparmiami la vita» implorò disperatamente.
«Ha ragione, voglio qualcosa» dissi, e presi la sua pistola. «Ho sentito che ha le pietre» aggiunsi, notando i suoi occhi sgranarsi per lo shock.
«Pie... pietre?» balbettò, facendomi ridere piano.
«Sa di cosa parlo. Mi dia le pietre e le risparmierò la vita» dissi, e per poco non sbuffai. Il cielo sa che non lo lascerò vivere, in nessun caso, pensai, sogghignando.
«Se... se te le do, lui mi ucciderà. Ti prego, prendi i soldi o l'oro, ma non le pietre» supplicò.
«Non è lei a dirmi cosa fare. Odio parlare troppo, quindi tiri fuori le pietre, adesso» dissi, puntandogli la pistola alla fronte.
«Sono... sono nella valigetta» rispose, indicandone una sul tavolo. Aprii la valigetta, continuando a tenergli la pistola puntata alla testa, e vidi i diamanti che brillavano meravigliosamente.
«Grazie per questo, ma sa che la userò per mandare un messaggio al suo capo» dissi con un ghigno, e subito estrassi il coltello, pugnalandolo dritto al petto e facendolo cadere senza vita sul letto. Mi avvicinai a lui e, rapidamente, usai il coltello per estrargli il cuore, lasciandolo cadere sul letto accanto al suo corpo. L'unico modo per far capire che ero stata io era strappargli il cuore e lasciarlo vicino al corpo.
Pulii il coltello sul suo corpo e afferrai la valigetta mentre uscivo dalla stanza. Ero riuscito a scendere le scale, ma poi vidi una faccia che mi irritava e mi faceva venire voglia di spezzargli il collo ogni volta che lo incontravo. Era con qualcuno, ma non gli degnai nemmeno di uno sguardo.
«Sembri piuttosto sorpreso, Terminator», disse, e io mi accigliai subito, fissandolo con freddezza.
«Non ho energie da sprecare con te, Draco. Sono stanco di batterti ancora e ancora. Fai l’abitudine, Draco… Non potrai mai essere come me», dissi, e lui digrignò i denti, guardando con rabbia la valigetta che tenevo in mano.
«Voglio le pietre, Terminator, e tu me le darai», disse, e quasi scoppiai a ridere.
«Sai che non succederà mai», risposi. Proprio in quel momento, qualcuno ci guardò dall’alto delle scale e io uscii subito di soppiatto dal locale, dirigendomi dritto alla mia auto con il diamante in mano.
«Al momento non sono un mio problema», pensai, e misi in moto, partendo a tutta velocità. Ma poi vidi la ragazza che mi aveva baciato insieme a un’altra; zoppicava, con le scarpe in mano.
Sbuffai tra me e me al ricordo di quel bacio, prima di sfrecciare via a tutta velocità.
Fuori dal locale
Il punto di vista di Bluey
«Mettiti le scarpe, Bluey, ti farai male ai piedi», disse Sasha per l’ennesima volta, ma ero troppo furiosa per darle ascolto.
«Perché sei così arrabbiata, Bluey? Volevo solo che ti divertissi stasera», disse, e io mi fermai di colpo e mi voltai verso di lei, infuriata.
«Smettila di ripeterlo, Sasha! Non ti ho mai detto di volermi divertire. Se non mi avessi costretta, o dovrei dire corrotta, per venire a questa cosiddetta festa, non sarei andata a sbattere contro quell’uomo spaventoso che mi avrebbe quasi investita, se non fosse stato per l’intervento del suo amico. E, cosa peggiore di tutte, non avrei baciato quell’uomo», dissi tutto d’un fiato, ansimando.
«Va bene, scusa, piccola Bluey. Prometto che non ti costringerò più ad andare in un locale, quindi per favore, puoi metterti le scarpe?», disse, e io guardai con un sospiro sprezzante le scarpe che tenevo in mano.
«Neanche per sogno! Sento le gambe andare a fuoco e tu vuoi che le indossi ancora? No, aspetterò finché non troveremo un taxi!», dissi, riprendendo a camminare stizzita.
«Ti rovinerai le gambe», la sentii dire.
«Non mi interessa, Sasha! L’unica cosa che vedo qui che mi rovinerà le gambe sono questi maledetti tacchi», urlai. Per fortuna, vedemmo un taxi libero e salimmo, tornando verso casa.
#25 minuti dopo#
«Grazie», mormorammo all’autista dopo essere scese dal taxi.
«Prego, signore! Buona serata», disse lui e ripartì.
«Non vedo l’ora di togliermi questo vestito», dissi, e Sasha scoppiò in una sonora risata.
«Se solo sapessi quanto sei sexy con quel vestito», disse.
«Altroché», risposi, e prendemmo una scorciatoia che portava dritta a casa nostra.
«Sai… nel tempo che ho passato in questo locale, avrei potuto leggere più di cinque capitoli di un libro», dissi, e all’improvviso fui colpita da una strana sensazione.
Sentii di colpo che ci stavano seguendo e mi fermai bruscamente, guardandomi alle spalle.
«Che c’è, Bluey? Stavi dicendo qualcosa», disse Sasha, fissandomi mentre mi guardavo intorno.
«Non so perché, ma ho la sensazione che qualcuno ci stia seguendo», dissi, e Sasha scoppiò a ridere, guardandomi.
«Smettila di esagerare, piccola. Non ci sta seguendo nessuno. Tranquilla, saremo presto a casa», disse e mi prese la mano, trascinandomi via.
Sospirai e mi morsi il labbro. C’era una cosa di me che non sbagliava mai… il mio istinto, pensai, e diedi un’altra occhiata alle mie spalle, ma ancora nessuno ci seguiva.
Forse per una volta Sasha ha ragione. Forse sto esagerando per quello che è successo tra me e quell’uomo spaventoso, pensai. Ma poi, all’improvviso, un profumo mi colpì… un odore di legno di cedro, ma lo ignorai e seguii Sasha in casa.
Non c’è verso che la segua di nuovo in un locale, pensai e corsi in camera mia, togliendomi il vestito.
