Capitolo 3: Perché io?

Il punto di vista di Lila

Le altre spogliarelliste ridacchiarono; il loro disprezzo, a malapena velato, era evidente nelle loro espressioni mentre le dita di Luke mi sfioravano la spalla nuda. Solo Ava ed Ellie rimasero impassibili, con un muto avvertimento che si rifletteva nei loro occhi. L’aria nella stanza si fece densa di tensione, soffocante nella sua intensità.

Sentii la bile salirmi in gola quando la mano di Luke scese più in basso, indugiando appena sopra la curva della schiena. Senza pensare, mi scostai di scatto, respingendo la sua mano con più forza di quanta ne avessi avuta intenzione.

«Toglimi le tue fottute mani di dosso.»

Mi allontanai bruscamente da lui, barcollando all'indietro di un passo sui miei tacchi a piattaforma. Le risate morirono all'istante, sostituite da un respiro collettivo. Nessuno rifiutava le attenzioni di Luke Pacheco. Non se voleva tenersi il lavoro.

Un sorriso gelido si allargò sul suo viso. «Mi stavo solo divertendo un po’, Scoiattolo.» I suoi occhi mi squadrarono di nuovo, deliberatamente invadenti. «Anche se credo che metterti a disagio potrebbe diventare il mio nuovo passatempo preferito. Dopotutto, cos'altro dovrei aspettarmi da una puttana svergognata?»

Quella parola mi ferì, ma mi costrinsi a reggere il suo sguardo. Potevo anche ballare nel suo locale, ma non gli avrei dato la soddisfazione di vedermi sussultare.

«Sei così fortunata,» sussurrò una delle altre spogliarelliste, abbastanza forte da farsi sentire da tutti. «Il signor Luke non dedica mai così tante attenzioni alle ragazze nuove.»

Fortunata non è la parola che userei. Ma tenni la bocca chiusa. Meglio stare zitta e farla finita.

Alla fine Luke fece un passo indietro, rivolgendosi a tutta la stanza. «Stasera abbiamo un’importante riunione di lavoro. Diversi potenziali soci ci raggiungeranno nella zona VIP.» Fece una pausa, lasciando che le implicazioni venissero assimilate. «Ho bisogno delle nostre migliori spogliarelliste per assicurarmi che le trattative procedano… lisce. Paga doppia, più qualsiasi mancia riusciate a guadagnare.»

Il cuore mi sprofondò. Zona VIP significava stanze private. Stanze private significava contatto ravvicinato con i clienti. Contatto ravvicinato significava che qualcuno avrebbe potuto riconoscermi. Cazzo.

In più, avrei potuto incontrare il mio fidanzato Ethan, e lui non mi avrebbe riconosciuta neanche se non ci fossimo mai visti, ma mi sentivo comunque nervosa.

«Selezionerò la squadra personalmente.» Lo sguardo di Luke perlustrò la stanza. «Ellie. Aubrey. Dawn. Ava…»

Ogni nome era come un altro chiodo sulla mia bara. Ti prego, non io. Ti prego…

«E Scoiattolo.»

Il sangue mi defluì dal viso. «I-io?»

Il sorriso di Luke si allargò. «Sì, tu. Qualche obiezione?»

Avrei voluto urlare. Scappare. Dirgli esattamente dove poteva ficcarsela, la sua “opportunità”. Invece, mi costrinsi a scuotere la testa.

«Perfetto.» Fece cenno alle altre di andarsene. «I nostri ospiti di stasera hanno gusti… particolari. Ma sono sicuro che vi esibirete tutte in modo ammirevole.»

Le altre ragazze uscirono in fila, lasciandomi sola con lui. La pelle mi si accapponò sotto il suo esame.

«Nervosa, Scoiattolo?»

Deglutii a fatica. «Ci sarai anche tu?»

«No.» Il suo sorriso divenne predatorio. «Ma non preoccuparti. Ci sarà Ethan.»

Quel nome mi colpì come uno schiaffo. Ethan. Il mio quasi-marito. Il bastardo traditore da cui sono scappata. E adesso…

«Perché io?» Le parole mi sfuggirono prima che potessi fermarle.

Luke si limitò a ridere e se ne andò, lasciandomi sola con i miei pensieri che vorticavano senza controllo.


Nonostante gli arredi lussuosi, la sala privata sembrava una cella. Non ero mai salita al secondo piano prima d’ora: in due mesi di ballo, ero riuscita a evitare completamente quella parte dell’Eclipse. Ora capivo perché. La sicurezza era impressionante, con guardie armate a ogni angolo che ci osservavano con occhi gelidi mentre ci facevamo strada nel labirinto di corridoi.

Le mani non smettevano di tremarmi. Ava se ne accorse e allungò una mano per lisciarmi i ricci.

«Ehi,» sussurrò. «Ce la puoi fare.»

Ellie mi strinse un braccio. «Balla come fai sempre. Niente lap dance o extra. Semplice.»

Semplice. Certo. Ballare mezza nuda per una stanza piena di mafiosi, incluso il mio ex fidanzato che avevo beccato a tradirmi poche ore prima della nostra festa di fidanzamento. Certo, semplicissimo.

«Ricorda,» continuò Ellie, con voce bassa e seria. «Quello che succede in quella stanza, resta in quella stanza. Se qualcuno allunga le mani, se ne occupa la sicurezza.»

Annuii, ma la mente mi andava a mille. Quelli non erano uomini d’affari qualunque. Erano uomini d’onore, soldati di un impero costruito sulla violenza e su “attività legali”. Una mossa falsa, un solo attimo in cui mi avessero riconosciuta, e…

La porta si aprì prima che potessi finire il pensiero.


La sala VIP era un tempio dell’eccesso e del vizio. Velluto rosso ovunque, lampadari di cristallo che proiettavano una luce dorata su pali d’ottone lucido disposti a semicerchio. Mi si strinse lo stomaco quando vidi la mia postazione: al centro del palco, proprio sotto i riflettori.

Ma porca puttana, ovvio.

Partì la musica, una traccia generica dai bassi pesanti, studiata per far sembrare artistico lo spogliarsi. Mi mossi in modo meccanico, lasciando che la memoria muscolare prendesse il sopravvento mentre cercavo di perdermi nel ritmo. Non pensare a chi potrebbe entrare da quella porta. Non pensare a…

Fu l’ultimo a entrare.

La musica sembrò svanire, l’energia della stanza cambiò quando Ethan Pacheco fece il suo ingresso con la grazia fluida di un predatore. Un uomo leggermente più basso lo seguiva. Ethan irradiava una fredda autorità.

Non con Ethan lì, che calamitava l’attenzione senza dire una parola. Si accomodò sulla poltrona centrale come un re sul suo trono, e mi si mozzò il respiro quando lo guardai bene.

Quegli occhi. A mandorla, color nocciola con pagliuzze dorate, esattamente come…

No.

Quella pelle olivastra, quelle sopracciglia scure, i capelli castani pettinati alla perfezione…

Oh Dio, no.

La mascella forte, le spalle larghe che tendevano il tessuto del suo abito impeccabile…

Non può essere vero.

Il riconoscimento mi colpì come un fulmine, i ricordi mi inondarono con dettagli vividissimi. Quella notte al bar. Lo sconosciuto dalla risata gentile che aveva lo stesso nome del mio quasi marito. L’uomo che mi aveva tolto la verginità con una tenerezza sorprendente.

La mia avventura di una notte è il mio ex fidanzato.

Il mio capo.

L’uomo da cui mi nascondo da tre mesi.

I suoi occhi incrociarono i miei, e il mondo smise di girare.

Cazzo.

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