CAPITOLO 5

ANASTASIA

Fu difficile superare la notte senza tornare di soppiatto nella stanza dell'Alpha Diego per provocarlo. Dovetti costringermi a dormire, solo per essere svegliata da una cameriera che entrò in camera mia senza bussare e mi lasciò un bell'abito nero attillato da indossare.

«L'Alpha desidera che vi uniate a lui per colazione» disse la cameriera prima di uscire dalla stanza.

Tutto il mio corpo fu scosso da un brivido, e la mente corse all'incidente della notte precedente con Diego. «Colazione? Spero che non mi guardi in modo strano dopo quello che è successo» pensai, deglutendo a fatica mentre mi trascinavo giù dal letto e dritta in bagno.

Una volta pronta, la cameriera mi scortò nella grande sala da pranzo, dove trovai l'Alpha Diego che mangiava con lo sguardo fisso sul giornale.

«Non sapevo che ci fosse ancora gente che legge i giornali, con tutta questa tecnologia. Dev'essere un uomo di tradizione, allora» ipotizzai, avvicinandomi al tavolo e tenendo gli occhi bassi per non incrociare i suoi.

Proprio mentre stavo per sedermi sulla sedia all'estremità opposta della sua... «Qui» sentii la sua voce profonda ordinarmi di andare al suo fianco.

Indicò il posto alla sua destra, posando su di me il suo sguardo gelido e spaventoso. Avrei dovuto provare paura vedendo i suoi occhi puntati dritti su di me, e invece no... sentivo una fame insaziabile del suo terrore.

Come voleva lui, mi avvicinai all'Alpha, mentre nella mia mente continuavano a scorrere le immagini della notte prima. «E se avessi fatto il primo passo e gli avessi afferrato il cazzo? Mi avrebbe tolto la vestaglia per farmi cose sconce?» mi chiesi, sedendomi proprio accanto a lui.

Ora che gli ero più vicina, non riuscivo più a guardarlo in faccia. Sentivo un calore avvolgermi completamente, costringendomi a fissare il tavolo nel tentativo di controllarmi.

«Puoi farcela, Anna. Respira e dimentica quello che è successo» mi consigliai mentalmente, allungando la mano verso il cibo.

Fu in quel momento che lo sentii parlare. «Non mi hai sentito?»

«Eh?» sussultai, voltandomi di scatto verso di lui.

Teneva ancora lo sguardo sul giornale mentre ripeteva la domanda: «Come ti chiami?»

«Il mio nome? Um...» arrossii, sentendomi mancare l'aria. «Anna» risposi.

«Anna?» ripeté lui, finalmente guardandomi.

Nel momento in cui i suoi occhi si incatenarono ai miei, li vidi brillare e le sue labbra si incurvarono leggermente da un lato.

È un sorriso? Il mio nome gli è sembrato così affascinante? Oh, mio Dio, non riesco a pensare lucidamente.

«Mmm. Suppongo tu venga dal Branco Sangue di Lupo, visto che ti ho trovata lì nel tuo abito da sposa» disse, distogliendo lo sguardo da me per riportarlo sul giornale. «Ti riporterò a casa tua, quindi sbrigati a mangiare.»

A casa mia?!

Oh, no! Non posso permettergli di riportarmi a casa. Se mio padre lo vedrà, mi ritroverò di nuovo in mezzo a una strada prima ancora di potermi spiegare! E poi l'Alpha Damain lo verrà a sapere e mi darà la caccia!

Non posso tornare lì! Non così!

«Partiamo alle nove e mezza...»

«Non ho una casa» mentii, interrompendolo a metà frase.

Lui si voltò a guardarmi e disse: «Non sono in vena di fare da babysitter a nessuno, ragazzina. Tu torni al tuo branco».

«Ma sono seria. Io sono…» Feci scorrere lo sguardo nella stanza e lo posai sui giornali che teneva in mano. C’era un titolo su un orfanotrofio che organizzava una festa per i bambini, così afferrai subito quella parola e continuai a mentire all’Alfa, dicendo: «Sono un’orfana. Non ho famiglia».

Il mio viso si rabbuiò, assumendo l’espressione di una damigella dal cuore spezzato. Avevo imparato a recitare guardando le serie drammatiche online, e avevo visto come riuscivano a catturare l’attenzione delle loro vittime.

Ma nel caso dell’Alfa Diego… quel tipo non mostrò nemmeno un briciolo di compassione.

Dovevo scavare più a fondo, aggiungendo un po’ di pepe alla mia storia perché mi credesse. «Sono scappata da un uomo crudele che voleva sposarmi contro la mia volontà. Quelli sono le sue guardie. Hanno provato a riportarmi indietro. Poi… mi hai salvata tu».

Tirai indietro la sedia per mettermi bene di fronte a lui, unendo le mani in segno di supplica e abbassando lo sguardo verso il suo grembo, ricordando a me stessa il mostro che viveva tra quelle sue cosce bollenti. «Se mi riporti indietro, mi troveranno e mi daranno in sposa a quel verme. Ti prego, solo… lasciami stare qui con te. Prometto che non causerò nessun problema», implorai, alzando gli occhi su di lui.

Mi fissò per qualche secondo, poi fece un sorrisetto e mormorò: «Capisco».

Sembrava che la mia recita avesse funzionato…

«Allora andrai al rifugio per senzatetto. Quella sarà la tua nuova casa», decise, alzandosi in piedi con uno sguardo gelido.

Le sue parole mi lasciarono a bocca aperta. Non poteva essere serio.

«Partiamo a mezzogiorno. E non provare a farmi cambiare idea, perché non ascolterò niente di quello che dirai. Mangia». Si allontanò a grandi passi, lasciandomi completamente sola.

Un brivido mi percorse la schiena a causa della sua voce dura. È davvero uno stronzo, come diceva papà.

«Il rifugio? Oddio! Non ci voglio andare», sospirai, mangiando svogliatamente.

.

Man mano che si avvicinava mezzogiorno, il mio prurito aumentava sempre di più.

Mi ritrovai a girare per la villa come un’automa, cercando dove potesse nascondersi il signor Musone. I domestici che mi vedevano pensavano che stessi esplorando la reggia del loro Alfa, ma questa pazzoide stava cercando il loro pezzo di manzo di Alfa per sbavare sul suo corpo prima di morire di fame!

Niente vibratore, niente telefono… e ora non riuscivo a trovare quell’Alfa da nessuna parte! Ero stata in camera sua, fingendo di essermi persa di nuovo. Ma lui non c’era.

Chiedere aiuto ai domestici mi imbarazzava. Non volevo che sapessero che stavo girovagando a vuoto per colpa sua.

«Dea, lo so che è un uomo cattivo, ma non potresti perdonarmi solo per questa volta? Mostrami dove si nasconde l’Alfa, ti prego. Chiedo solo un breve diversivo, una volta sola», pregai, imboccando un corridoio dove non ero mai stata.

Fu allora che sentii delle voci provenire da una stanza strana, tre porte più in là.

Il suono era inquietante.

Mi avvicinai alla stanza e la trovai socchiusa. Spiando attraverso la piccola fessura, vidi l’Alfa Diego all’interno di quella strana camera con due delle sue guardie, che tenevano fermo un uomo legato con catene d’argento

«Che sta succedendo qui?» La paura si impadronì di me mentre guardavo l’Alpha afferrare quell’uomo per la testa e chiedergli le sue ultime parole.

Osservando lo sconosciuto in catene… lo riconobbi all’istante! È uno degli uomini d’affari più importanti del branco Wolf Blood, una persona che mio padre aveva descritto come una cattiva influenza. Proprio come l’Alpha Diego, anche quest’uomo era un mafioso, agli ordini di un boss, come mi aveva raccontato mio padre!

Avevo sempre visto su internet le notizie su di lui, che dava feste folli per celebrare i suoi successi negli affari. Ma vederlo lì, incatenato come un animale… mi faceva paura.

Una delle guardie gli tolse il bavaglio dalla bocca e l’uomo legato disse, ringhiando contro Diego: «Non la passerai liscia, bastardo! Presto brucerai all’inferno come tutti noi!»

«Il tuo tempo è scaduto» disse Diego, sfoderando gli artigli dalla mano destra. E proprio davanti ai miei occhi, gli conficcò la mano nel petto, strappandogli il cuore! A quella vista terrificante, sgranai gli occhi e trasalii.

Orribile! Davvero terrificante!

Diego avvicinò il cuore insanguinato al viso dell’uomo morto, dandogli l’addio. «Riposa all’inferno, al posto che ti spetta» disse, gettando il cuore a terra e afferrando un tovagliolo per pulirsi.

Mentre continuavo a fissarlo, tremante e incapace di muovermi, Diego… si girò di scatto verso la porta e mi vide spiare!

I suoi occhi rossi lampeggiarono nella mia direzione, costringendomi a darmela a gambe!

«Merda! Merda!! MERDA!!!» Andai nel panico, correndo ovunque mi portassero le gambe! Ero terrorizzata al pensiero di cosa mi avrebbe fatto se mi avesse messo le mani addosso. Magari mi avrebbe strappato il cuore per poi darmelo in pasto!

Spaventata, corsi in una stanza aperta e mi ci chiusi subito dentro, pregando che Diego non mi trovasse lì.

Mi allontanai lentamente dalla porta, respirando affannosamente, quando all’improvviso… «TU!!» sentii la sua voce forte e familiare alle mie spalle!

Urlai e cercai di scappare, ma Diego mi bloccò con forza contro il muro, afferrandomi il collo con violenza e fissandomi furioso.

«Come ha fatto a entrare?» ansimai, soffocando. Lanciai un’occhiata all’angolo da cui era sbucato, solo per accorgermi che la stanza aveva due porte che davano sull’esterno. Ecco com’era entrato.

«Mi stavi spiando?!» ringhiò, stringendo più forte la presa.

«No!» riuscii a dire a fatica, afferrandogli la mano per cercare di liberarmene. Ma più mi divincolavo, più lui stringeva. E più la sua forza si abbatteva su di me, più… più…

«Oh, dei, no» gemetti, scivolando di nuovo in una delle mie folli fantasie.

Il modo in cui Diego mi teneva contro il muro, con la sua mano che dominava furiosamente, me lo fece vedere come un Alpha dominante, che voleva entrare nel mio corpo a ogni costo.

Non provavo più paura, ma eccitazione. Gemei nella sua stretta, facendo scorrere le dita sulla sua mano.

Roteai gli occhi all’indietro, mentre la mano sinistra mi scivolava sul petto, in cerca del seno e… Si è fermato?

Aprii gli occhi e vidi Diego che mi fissava, confuso. La mia pazzia doveva averlo sorpreso.

«Perché… perché ti sei fermato?» chiesi, sentendo un prurito per tutto il corpo mentre mi avvicinavo a lui.

Non si mosse, ma continuò a guardarmi.

«Mi stavi facendo una domanda. Non… non fermarti» lo supplicai, sul punto di afferrargli la mano. Ma lui mi agguantò fulmineo la mascella, stringendola con una forza incredibile.

Non si rende conto dell'effetto che la sua rabbia ha su di me. Non fa che aumentare la mia libido di secondo in secondo.

Voglio solo che mi prenda.

«Che razza di gioco è questo?» mi sbatté in faccia la domanda, avvicinandosi.

A causa del mio problema, l'omicidio che aveva appena commesso non mi spaventava più. Ai miei occhi, era diventato attraente e sexy.

Visto che non rispondevo, Diego mi ringhiò contro e mi minacciò, spingendomi di nuovo contro il muro. «Qualsiasi cosa tu abbia visto in quella stanza, rimane sepolta in questa villa. Se lo dici a qualcuno, ti punirò».

«Punirmi? Come?» domandai, sentendo il calore montarmi dentro.

È come se fossi in una di quelle scene di sesso bondage in cui la donna viene punita per essere stata una cattiva ragazza. «Sono… sono una cattiva ragazza. Una pessima ragazza» gemetti, lasciando Diego ancora più sbigottito.

I suoi occhi brillarono di sorpresa mentre io, come una pazza, gli passavo lentamente una mano sul petto. «Perché non mi punisci? Fammi entrare nel tuo mondo, Alpha. Così la mia bocca resterà chiusa» lo implorai, perdendo il controllo.

Era chiaro che la malattia stava prendendo il sopravvento. Non riuscivo più a controllare i miei pensieri.

«Sai quello che stai dicendo, ragazza?» Inclinò la testa di lato, facendomi scorrere il pollice sulle labbra. «Non sono come il tuo solito Alpha. Sono un mafioso purosangue. L'avrai già sentita questa parola, no?» chiese, stringendomi la mascella.

Annuii, continuando ad accarezzargli il petto e a giocare con i bottoni della sua camicia. Avrei voluto strappargliela di dosso.

«Comando la malavita. Sono il capo, lì. Non è un posto per signorine come te. Quindi, è meglio che la smetti con questo gioco, perché non dureresti un minuto».

«Non puoi saperlo se non mi metti alla prova, Lord Alpha. Chissà…» Feci scendere lentamente la mano fino alla sua cintura, per poi risalire un po'. «Potrei essere proprio io quella che ti stravolgerà il mondo».

Dio! Da quando avevo iniziato a parlare così?! Non riesco a fermarmi. Proprio non ci riesco!

«Pensaci bene, ragazza. Una volta che entrerai a far parte del mio mondo, non si torna indietro. Sarai il mio burattino e danzerai a ogni mio comando». Diego mi fulminò con lo sguardo, rafforzando la presa sulla mia mascella. «Non potrai mai più tornare alla tua dolce vita. E se mi disubbidisci, te la faccio pagare».

Quando sentii la sua forza, il mio corpo fu scosso da un brivido. Non riuscivo più a trattenere la mia fame. Sentivo che mi stavo bagnando tantissimo.

«Non mi importa» gemetti, allungando la mano verso la sua cintura e tirandomi più vicina a lui. «Prendimi e basta. Prendimi, Lord Alpha» ansimai, scivolando verso il basso per sentire la sua erezione.

«Prendimi» gemetti ancora, sentendo la sua durezza con la mano, sempre più eccitata, disperata dalla voglia di tirarglielo fuori.

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