Capitolo 5
Il punto di vista di Olivia
Lascio Jessi con Luna Aubrey e mi dirigo verso la Sala dei Banchetti. «Uff…» dico a Vanessa, la mia lupa. «Tranquilla, Jonny e Tyler sono lì dentro.» Annuso l’aria. Un profumo di vaniglia e menta mi solletica le narici. Sorrido mentre varco la soglia. Jonathon è seduto con l’Omega Esther.
«Per cosa sorridi?» chiede Esther, afferrando una forchetta dal bancone e lanciandola. Jonny si para davanti all’oggetto volante, che lo colpisce sulla spalla. «Ma che diavolo?» le urla contro. «Scusa Jon, non miravo a te» arrossisce lei. Lui si volta a guardarmi. I suoi occhi castani brillano, un sorriso gli si allarga sul viso e grida: «Muovi quel culo pigro e inizia con le decorazioni» indicando con il dito un piccolo ripostiglio. Jonny meriterebbe un Oscar per come riesce a sorridere e urlare allo stesso tempo.
Esito un istante, poi corro verso il ripostiglio ed entro. Seduta al tavolo, tiro fuori della carta stagnola dorata e argentata e inizio a ritagliare delle stelle. È la decorazione standard che ci fanno creare qui.
Passa qualche minuto; l’odore di vaniglia e menta si avvicina alla porta e Jonathon entra nel ripostiglio urlando: «Voglio oro e argento. Devo restare qui per assicurarmi che il lavoro venga fatto come si deve?». Poi annusa il mio odore e sussurra: «Oh, hai un profumo così buono».
Mi alzo e accolgo il suo bacio. Mentre le sue labbra scendono lungo il mio collo, tutto il mio corpo freme per il legame tra compagni che si risveglia. «Io e Tyler abbiamo un piano» dice, sfiorandomi l'orecchio con le labbra e avvolgendomi la vita con le braccia.
«Un piano? Che genere di piano?» Ma non risponde, troppo impegnato con il mio collo.
«Jonny. Concentrati» rido, schioccandogli le dita davanti al viso. «Il piano?» «Giusto, sì, il piano» ride lui; le scintille esplodono di nuovo mentre mi stringe la vita più forte.
«Stasera, mamma e papà daranno un enorme banchetto in mio onore. Lo chiamano il banchetto dell’unione. Hanno invitato tutti i lupi senza compagno a “venire per trovare la propria anima gemella”.» «Questo spiega le stelle» ridacchio, mostrandogli quello che stavo ritagliando.
«Non è questo il piano. Mamma e papà vogliono scegliere qualcuno per me; tu e Jess non parteciperete.» «Ma va’? Non siamo mai invitate, serviamo solo gli antipasti e da bere» dico sarcastica. «Nemmeno io parteciperò.» «Cosa?» Mi ha spiazzata. «Non si accorgeranno se il festeggiato non c’è?» Lui sorride. «È semplice: mi farò vedere per una mezz’ora e poi ce ne andremo dalla porta principale per non tornare mai più. Quando si renderanno conto che non ci sono più, saremo già lontani.»
«Certo. E ci lasceranno semplicemente andare via? Senza fare domande?» gli lancio una delle stelle alle spalle. «Non c’è bisogno di essere sarcastica. Lo so che non ci lasceranno partire e basta. Ho un aiuto» si china per baciarmi di nuovo sul collo.
«Un aiuto? Chi potrebbe mai aiutarti? Qualsiasi lupo qui ci picchierebbe anche solo se lo guardassimo.» Jonny fa un sorrisetto, stringendomi di nuovo tra le sue braccia; i brividi mi corrono lungo la schiena. Mi volto per guardarlo in faccia e provo a chiedergli di questo aiuto. Invece, lui si china e mi bacia; le parole mi muoiono in gola quando le sue labbra incontrano le mie.
La porta del ripostiglio si apre. «Merda!» sussulto, spingendolo via da me mentre mi volto verso la porta. Grazie al cielo è Jessica. Tiro un sospiro di sollievo.
«Dovreste stare più attenti, voi due. Jonny, credo che i tuoi genitori ti stiano cercando. Corrono per la casa del branco come polli senza testa».
Jonathon mi bacia sulla fronte e se ne va.
Racconto in fretta a Jess quello che mi ha appena detto Jonathon. Lei stringe le labbra, accigliata. «Chi lo sta aiutando?»
«Non lo so, non ha voluto dirmelo».
Restiamo lì per un istante, guardando fuori dalla porta. «È meglio che torni di là» dice lei, uscendo di corsa dalla stanza.
Continuo con le stelle, dividendole in due pile: argento e oro. Entra l’Omega Esther. «Quando hai finito qui, puoi lavare i pavimenti e i tavoli della sala dei banchetti».
«Sissignora» le rispondo. Oggi non ho nessuna voglia di subire una delle sue scenate.
Il punto di vista di Jessica
Torno verso la sala da cucito, persa nei miei pensieri su quello che mi ha detto Olivia, con un’espressione corrucciata. “Jonny ha detto che stanotte lasceremo il branco. Ha detto che qualcuno lo aiuterà”. La mente comincia a correre, cercando di capire chi possa essere. L’unica persona che mi viene in mente è Shaun, ma non ha le palle per farlo. Non ha neanche le palle per impedire a quell’imbecille dell’Alpha di uccidere innocenti e strappare cuccioli innocenti alle loro famiglie. Salgo le scale fino al secondo piano e trovo la Luna Aubrey che mi aspetta sulla porta della sala da cucito.
«Dove sei stata?» mi chiede in tono esigente.
«Dovevo prendere altri aghi» rispondo, mostrandole quelli che ho in mano. Lei mi afferra per i capelli e mi trascina dentro.
«Come osi farmi aspettare?» sibila.
«Scusa» è tutto ciò che riesco a dire prima che mi tiri un pugno nello stomaco. «Dov’è il mio vestito?»
Tenendomi l’addome, prendo dal manichino un abito da cocktail verde smeraldo con le spalle scoperte e glielo porgo.
«Devo fare l’ultima prova» le dico. So già che le starà a pennello. Il busto del manichino ha le misure esatte della Luna Aubrey e non cambiano mai.
«Non volevo un vestito verde» mi urla contro, disgustata.
«Allora mettiti qualcos’altro!» le urlo di rimando.
Lei mi dà uno schiaffo. «Dovrà andare bene. Scendi in cucina. Tu e quella mezzosangue servirete ai tavoli» dice, uscendo dalla stanza.
Scendo le scale verso la cucina. Incrocio Jonathon che sta andando in camera sua. Mi fa l’occhiolino, sorridendo, e continua a salire.
«Cosa starà combinando?» chiedo a Celeste, fissandolo mentre mi passa accanto.
«Non ne sono sicura, ma sembra soddisfatto di sé».
Mi fermo sulla soglia della cucina. Gli omega stanno dando gli ultimi ritocchi al cibo, sotto lo sguardo critico dell’Omega Esther. «Tu!» urla, tirandomi un grembiule in faccia. «Mettitelo per coprire quegli abiti orrendi e vai nell’angolo con quell’altra sgualdrina finché non servirà il vostro aiuto».
Guardo verso l’angolo e vedo Olivia, in piedi, che fulmina con lo sguardo l’Omega Esther.
Esther segue il mio sguardo, afferra un vassoio di plastica e lo scaglia contro Olivia, colpendola a un braccio. Con un ghigno soddisfatto, si volta e riprende a urlare ordini agli altri omega.
