Capitolo 5: Perché io?

Il punto di vista di Aurora

"Sei cieca, cazzo?!" sbottò, e l'area intorno a noi si zittì immediatamente. "Non puoi guardare dove vai, puttana! Hai idea di cosa hai appena fatto?"

"I-Io sono des..." cominciai a dire, ma l'istante successivo la mia testa si girò di lato mentre un dolore esplodeva sulla mia guancia, la mia testa pulsava dal dolore di prima. Vidi macchie scure danzare nella mia visione per un attimo prima che la voce stridula di Mia tagliasse la nebbia.

"Scusa non basta, mostro," sogghignò, avvicinandosi a me. "Pensi che il tuo scusa risolverà il problema della mia borsa LV?" Alzò di nuovo la mano e io trasalii, pensando che stesse per darmi un altro colpo, ma si fermò a mezz'aria, un sorriso storto le increspò le labbra mentre mi guardava da capo a piedi. "Sai cosa? Non voglio sporcarmi le mani toccandoti una seconda volta. Restituiscimi i soldi che mi devi per aver rovinato la mia borsa di design. Venti mila dollari."

Accidenti!

Dove avrei trovato una somma del genere?!

I miei occhi si spalancarono dall'orrore mentre guardavo Mia per vedere se stesse scherzando, ma dal suo volto capii che non lo era. E sapeva benissimo che non ero in grado di pagare una somma simile, quindi si stava godendo ancora di più questo tormento.

"Cosa, non lo farai?" chiese. "Restituiscimi ciò che mi devi per aver distrutto la mia borsa su misura, mostro!"

A questo punto, la sua voce era abbastanza forte da silenziare l'intera mensa, e ora tutti stavano guardando il dramma svolgersi, felici di non essere loro l'obiettivo della rabbia di Mia. Sentii i palmi delle mani diventare umidi di sudore freddo, il cuore battere forte contro la gabbia toracica mentre guardavo nervosamente intorno, sperando che per qualche miracolo...qualcuno provasse pietà per me e venisse in mio soccorso.

Ma nessuno lo fece. E mentre guardavo le mie scarpe, mordendomi il labbro inferiore cercando di trovare una scusa per uscire da questa situazione, sentii il suo dito spingermi sulla spalla, facendomi sussultare dal dolore causato dalle sue unghie curate.

"Ehi," sputò, "guardami quando ti parlo." Quando non risposi, mi tirò per i capelli, costringendomi a guardare in alto, mentre emettevo un gemito di dolore. "Ho detto, guardami quando ti parlo." Mi spinse la fronte con l'indice, facendomi indietreggiare. "Sei sorda o solo stupida?"

Questo le fece guadagnare qualche risata mentre sentivo il mio mondo girare intorno a me. I miei occhi vagarono per la stanza, e vidi che l'unica persona che sembrava disinteressata alla nostra situazione era Caleb, che stava mangiando il suo pranzo in pace, come se non stesse succedendo nulla di rilevante.

Incontrai lo sguardo di Mia, decidendo che non avevo nulla da perdere comunque, così le dissi la verità. "I-Io...non ho quei soldi."

"Oh! Che interessante!" Mia sbuffò, incrociando le braccia sul petto. "E come pensi che io possa comprarmi una nuova borsa dopo che hai rovesciato il tuo cibo economico su di essa?"

Mi morsi il labbro ancora una volta, ingoiando le parole. Mia era una delle ragazze più ricche della scuola, e si aspettava che qualcuno come me avesse ventimila euro in tasca?

Ma per quanto incredibile potesse sembrare, non avevo il coraggio di dirglielo in faccia.

Schiaffo!

La mia testa si girò di lato ancora una volta, questa volta su una guancia diversa, e per un secondo rimasi a fissare nel vuoto, incerta su cosa stesse succedendo.

"Visto che non puoi pagarmi ventimila euro, ti ricompenserò con venti schiaffi." Mia parlò minacciosamente, avvicinandosi a me mentre le mie labbra tremavano per la sua presenza minacciosa. "Uno schiaffo non dovrebbe nemmeno valere mille per una mendicante come te, ma che posso dire? Devo pensare anche alle mie povere mani."

"Cosa-AHH!"

Schiaffo!

Questa volta, non potei trattenere il grido che uscì dalle mie labbra mentre lei attaccava di nuovo la mia guancia contusa.

Alzò la mano un'altra volta, ma prima che potesse schiaffeggiarmi, una mano si protese per afferrare Mia e la trascinò via, la forza facendo inciampare Mia all'indietro.

Mia guardò la donna che si trovava tra noi con stupore, la sua espressione mi disse che non se lo aspettava affatto. "Caroline?"

"Basta così, Mia," disse Caroline gentilmente; tuttavia c'era qualcosa nella sua voce che mi fece rizzare i capelli sulla nuca. "Lei non ha fatto nulla di male; è stato solo un incidente. Calmati e vai a prendere il tuo pranzo."

Mia guardò Caroline per qualche secondo e non sapevo cosa stesse succedendo tra loro perché Caroline aveva le spalle rivolte verso di me, ma qualunque cosa fosse, sembrava che avesse vinto questa battaglia non detta perché alla fine Mia abbassò gli occhi e sbuffò.

Mia si girò verso di me con un ghigno, "Sei fortunata che sei stata salvata questa volta. Ma se ti metti di nuovo sulla mia strada, non te la caverai così facilmente."

Quando Mia se ne andò, vidi Caroline girarsi verso di me, ma anche prima che potesse farlo, sentii le lacrime minacciare di scendere e sapevo che non potevo lasciare che tutti nella mensa mi vedessero così.

Senza pensarci due volte, girai sui tacchi e fuggii dal posto, la testa china mentre passavo tra persone che ridevano e mi indicavano come se fossi un clown in un circo.

Ma niente di tutto ciò mi importava in quel momento. Tutto quello che volevo fare era arrivare al bagno prima che le lacrime scendessero e solo allora sarei riuscita a salvarmi da questa umiliazione.

Mentre correvo lungo i corridoi quasi vuoti, tutto quello che potevo fare era pormi la stessa domanda che mi facevo da quando mia madre era morta.

Perché io?

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