Quello che ha chiesto...
ARIANA
La sera ricevetti un messaggio da Enzo. Era una lista di cose che voleva mangiare. Niente di troppo complicato. Voleva una bistecca con crocchette di patate e formaggio e insalata russa. Era la sua combinazione preferita da quando gliel'avevo preparata la prima volta. In un'ora avevo finito tutto. Disse che avrebbe portato lui il dolce. Non sapevo quale fosse l'occasione. Voleva qualcosa di dolce solo quando era estremamente felice. Cavolo, non aveva mangiato niente di dolce nemmeno il giorno del nostro matrimonio.
Non potevo fargliene una colpa. Ero come lui. Il modo in cui ci eravamo sposati non era stato proprio l'ideale. Le cose erano andate completamente a rotoli. Io piangevo l'amore che era morto quel giorno. Ed ero terrorizzata da una relazione che stava per cambiare del tutto. Almeno mia madre era riuscita a capirmi e mi aveva guidata verso un futuro migliore.
La nostra relazione non era delle migliori, ma ce la stavamo cavando. Non saprei dire quanto velocemente scorresse il tempo nella villa di Enzo. Ma era sempre stato così. A casa sua, il tempo correva più in fretta. Erano passati tre mesi da quel giorno. In quei tre mesi avevamo avuto i nostri alti e bassi, ma le cose miglioravano di giorno in giorno.
Dopo un lungo bagno, mi asciugai i capelli con il phon e indossai una gonna lunga e una camicetta bianca di chiffon. Una volta pronta, uscii dalla mia stanza. Era quasi ora che tornasse. E avevo ricevuto istruzioni di accoglierlo all'ingresso al suo rientro. Così mi diressi lì.
La porta si aprì ed entrò Enzo. Appena mi vide, fece un sorriso malizioso che mi fece contorcere lo stomaco. In senso buono…
Venne dritto verso di me. Prima che potessi salutarlo, mi afferrò la mano e iniziò a trascinarmi di sopra. «Che stai facendo, Enzo?» domandai, confusa dalla sua reazione improvvisa. Non rispose. Invece, mi portò nella sua camera da letto. Deglutii a fatica quando lo vidi chiudere la porta a chiave.
Si voltò e si diresse verso i divani. Si sedette mentre si allentava la cravatta. «Vieni qui, Tesoro…» Ogni volta che mi chiamava così, mi si bloccava il respiro in gola. Prima del matrimonio, ero la sua Sweet pumpkin. Ma non ricordavo più di averglielo sentito dire. L'unico nome che riuscivo a ricordare era Tesoro.
Mi avvicinai lentamente a lui. Mi tese la mano. Posai la mia sulla sua, grande. Mi sfuggì un forte sospiro quando all'improvviso mi tirò sulle sue ginocchia. Le dita dei piedi mi si arricciarono da sole quando sentii il suo rigonfiamento sotto i pantaloni premermi contro il sedere.
Mi strinse a sé, strofinando il naso contro la mia guancia. «Enzo, ti prego…» gemetti, impotente. Anche se non ero sicura se lo stessi supplicando di fermarsi o di scatenarsi su di me come un diavolo.
«Dammi la mano, Tesoro» mi sussurrò all'orecchio con voce seducente e roca. La pelle mi si accapponò per il piacere, immaginando le cose che avrebbe potuto farmi in quella situazione.
Gli porsi la mano, come mi aveva chiesto. Non riuscivo a smettere di sorridere. Poi lui tirò fuori qualcosa dalla tasca della giacca e me lo posò sul palmo. A essere sincera, ero un po' delusa che non stesse facendo niente di peccaminoso con me, avendone la possibilità. Allo stesso tempo, però, ero grata che non fosse così. Una parte di me non era ancora pronta a tutto quello. E poi mi aveva promesso che non mi avrebbe toccata senza il mio permesso.
«Cos'è, Enzo?» chiesi incuriosita, guardando la busta che avevo in mano.
«Quello che mi hai chiesto, è quella cosa. Adesso, però, devi darmi quello che volevo io, tesoro. Muoio dalla voglia di assaggiare la tua bocca.» Rabbrividii alle sue parole e al modo in cui si leccò le labbra subito dopo, come se fosse affamato di quel dolce da un'eternità.
«Non ci credo! Come hai fatto? Era quasi impossibile» domandai, aprendo la busta in fretta e furia. Fui elettrizzata nello scoprire che non solo mi aveva fatto approvare l'ammissione a metà anno, ma mi aveva fatto entrare all'università, non in un semplice college.
Entusiasta, gli gettai le braccia al collo e lo strinsi forte. «Grazie. Non avrei mai pensato di poter riavere il mio posto all'università.» Lo ringraziai per qualsiasi cosa avesse fatto per riportarmi all'università dei miei sogni.
Trasali quando mi afferrò una natica con una delle sue grandi mani. Mi scostai da lui e incrociai i suoi occhi, scuri di desiderio. «Non ho fatto tutta questa fatica per un abbraccio. Voglio quel bacio che mi hai promesso, dolcezza. Adesso dammelo.» Le mie guance presero fuoco sentendo le sue parole.
Enzo mi tirò ancora più vicino quando annuii. Mi prese il viso con una mano e lo guardai mentre si chinava verso di me. Non riuscivo più a controllarmi. Il cuore stava per schizzarmi fuori dal petto. Chiusi gli occhi, sperando che potesse aiutarmi in qualche modo. I polmoni smisero di funzionare quando iniziò a sfiorarmi le labbra con le sue. Dovetti sforzarmi per incamerare aria.
Enzo mi stava stuzzicando. Non mi baciò subito. Feci scivolare una mano dietro al suo collo e, inclinando la testa, gli diedi un bacio a stampo. Fu a quel punto che anche lui perse il controllo. Le sue labbra furono sulle mie. L'altro suo braccio mi avvolse la vita, stringendomi al suo petto. Il mio seno si schiacciò contro il suo torace duro.
Mi leccò le labbra, poi le dischiuse con la lingua. La spinse dentro la mia bocca e iniziò a esplorarne ogni angolo. Il suo era un bacio aggressivo, esigente. Non avrei mai pensato di poter apprezzare l'aggressività di qualcuno.
I polmoni mi bruciavano, ero senza fiato. Mi aveva risucchiato tutta l'aria. Iniziai a sentirmi la testa leggera. Poggiai entrambe le mani sul suo petto e provai a spingerlo via, ma fu inutile. Era troppo forte. Ci ribaltò e mi inchiodò contro il divano, così che smettessi di divincolarmi.
